STATO di FLOW e PEAK PERFORMANCE, ovvero lo STATO di GRAZIA e la PARTITONA!

Entrare nel campo da tennis non equivale ad entrare in un campo minato (!), benché i pensieri e l’ansia che accompagnano l’ingresso si somiglino un poco perché intrecciati di paure, dubbi, insicurezze che possono diminuire la prestazione. Eppure una prestazione  – migliore di ogni altra –  l’avremo pure avuta prima d’oggi!  E’ quella di cui ricordiamo tanti particolari, il giorno, l’ora, quel tipo di colpo su quel risultato, quel momento preciso  della partita, il pubblico ma soprattutto quello che abbiamo sentito “dentro”.

Sara Errani al Roland Garros 2012

Tanti giocatori, famosi e non, cui viene chiesto di ripercorrere i momenti della loro miglior performance non sottolineano solo i dettagli tecnici, ma si concentrano sulle loro emozioni, su ciò che si prova quando tutto “entra”, tutto gira e quando quella partita diventa la partita, fonte di soddisfazione, divertimento, piacere..e perché no..esaltazione. I tecnici lo chiamano stato di flow, quel tipo di esperienza psicofisica in cui si è talmente immersi in ciò che si sta facendo da dimenticare tutto quanto sta intorno, perdendo il senso del tempo, realizzando un equilibrio tra abilità, concentrazione, orientamento al risultato. Altri lo chiamano, più comunemente, stato di grazia e rende comunque bene l’idea!

“Come puoi credere che io sia ossessionato dal Tennis?”

Lo psicologo ungherese Csikszentmihalyi, a dispetto del cognome impronunciabile, lo definisce invece – semplicemente – felicità. Quello stato, cioè, che non è legato alla casualità, a maggior fortuna, ad eventi esterni, ma che viene direttamente dalla volontà, dal modo che abbiamo di interpretare gli eventi che accadono, dalle esperienze che compiamo. E’ dunque quello stato in cui niente ci può condizionare, in cui siamo gli assoluti protagonisti di ciò che stiamo facendo. La caratteristica importante è che questo stato felice non si realizza in momenti di apatia o rilassamento (non viene cioè dall’aver visto un bel film o letto un bel libro) ma dal nostro totale coinvolgimento – mente e corpo – in un’attività che ci piace, dove presupposto fondamentale sono le nostre capacità. “Ero calmissimo, mi entrava tutto, come se un altro giocasse per me, era come se il tempo si fosse fermato”  tutte emozioni che conosciamo, per averle sentite nostre almeno una volta.  Possono sembrare affermazioni confuse, che poco hanno a che fare con il reale.. ed è proprio così perché l’esperienza dello “stato di grazia”  legata ad una prestazione di successo è associata ad uno stato mentale diverso da quello che c’è nella prestazione normale e questo lo avvertiamo subito, una condizione mentale assai vicina alla trance agonistica. Quello che riesce invece difficile è replicarla la volta successiva, nel corso di un’altra partita, e può essere dunque utile ripercorrere alcuni dei passi che anche i grandi campioni compiono per giungere alla cosiddetta prestazione ottimale.

Il nostro percorso intanto si arricchisce di un ulteriore termine tecnico: dopo lo stato di flow o di grazia, abbiamo anche la peak performance, la prestazione superiore allo standard, insomma quella che per noi è la partitona! L’obiettivo principale, dunque, per la preparazione mentale, sarà quello di ricreare le condizioni grazie alle quali lo stato di grazia e la partitona possano ripetersi. Ci sono infatti strumenti che meglio di altri possono essere d’aiuto in questo percorso e sono, sinteticamente:

– visualizzazione
– concentrazione
– training propriocettivo
– imagery o allenamento ideo motorio

Vediamoli.
La visualizzazione: è la rappresentazione precisa del programma dei movimenti da eseguire nei singoli momenti della gara. Riuscire a vedersi in azione, ad immaginarsi anche ad occhi chiusi, è  predittivo di miglioramenti!
La concentrazione: è il controllo dei processi di pensiero. E’ il mantenere l’attenzione su di un determinato movimento o insieme di azioni per svolgere il compito in modo corretto, eliminando tutto ciò che è irrilevante concentrandosi sempre solo su ciò che serve, escludendo ogni stimolo irrilevante. La concentrazione può essere aiutata con opportune tecniche di rilassamento ed attraverso il cosiddetto training propriocettivo.
Il training propriocettivo serve, sostanzialmente, ad imparare a conoscere il proprio corpo  e ad ascoltarne i messaggi. Dobbiamo dunque imparare la lingua che il nostro corpo parla, vale a dire la frequenza cardiaca, respiratoria, le contrazioni  e le decontrazioni, la potenza. Se siamo  ascoltatori attenti sappiamo che il nostro corpo non smette mai di parlarci, dunque è riduttivo prestargli attenzione solo quando proviamo dolore! L’allenamento ad ascoltare il corpo permette a chi fa sport, qualsiasi sport, di avere una maggiore consapevolezza di sé, un maggiore controllo e, automaticamente, una maggiore sicurezza.
L’imagery o allenamento video motorio è la rappresentazione sistematica dell’esercizio motorio. E’ cioè la capacità di avere in mente, alla perfezione, tutte le sequenze motorie che compongono il gesto (il nostro rovescio, il nostro diritto, il nostro servizio). L’aspetto peculiare di questa attività è che il movimento perfetto lo stiamo pensando e vedendo nella nostra testa, mentre noi siamo fermi!!
Dunque per cominciare a controllare la nostra mente e quindi anche il nostro corpo ci sono alcune cose che possiamo fare:

  1. Cominciare a capire come il nostro “clima mentale” influisce sulle prestazioni
  2. Lasciarsi organizzare dalle emozioni positive; se sfiducia e pessimismo prendono il sopravvento sarà difficile essere padroni del gioco!
  3. Se poi abbiamo bisogno di sostenerci con qualche piccola mania, i tecnici li chiamano rituali ma molti li chiamano semplicemente tic, ben venga!
  4. Allineiamo le bottigliette come fa Nadal, mettiamo solo quella maglietta, facciamo rimbalzare tre volte la palla…sono tutti atteggiamenti che – quando c’è tensione – ci riportano all’ordine, dominano l’ansia e ci aiutano a mantenere il controllo nei momenti difficili.
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