NO ADVANTAGE – Vincere e Perdere: lo sport occasione di lealta’ e rispetto
Che lo sport sia associato a rispetto e fair play è nozione diffusa. Oltre alla doverosa considerazione per l’impegno, la fatica e la costanza, c’è una ragione più antica che risale addirittura ai Giochi dell’antica Grecia durante i quali era in vigore una tacita tregua che proteggeva i Giochi. L’aver esteso i Giochi può voler dire, anche, l’avere esteso questa tregua, questo rispetto, questa forma di lealtà, cavalleria ed agonismo non violento, al mondo intero.
Cionostante ci si chiede perché, al giorno d’oggi, si sia passati dall’attività sportiva pacifica alla degenerazione che non è propria solo degli sport giocati ad alto livello o che coinvolgono masse di spettatori, ma anche – purtroppo -protagonista a livelli assai inferiori. Quando andiamo a giocare il nostro torneo di IV categoria non siamo certo pressati dagli sponsor, non dobbiamo mantenere il livello alto per non perdere il nostro compenso (!), non abbiamo insomma un tornaconto materiale.
Eppure quel che si vede sui campi è spesso fonte di delusione, di arrabbiatura, ci demoralizza. Diceva Nereo Rocco che “Nella vita (siamo) come in campo”. “Sei un punto di riferimento e detti i tempi del gioco? Preferisci non avere responsabilità? Credi nello spirito di squadra? Corri, lavori e ti sacrifichi fino all’ultimo minuto? Quello che fai sul campo è quello che sei: in pochi minuti di gioco puoi dimostrare la tua vera natura “. Ed ecco che forse possiamo trasportare queste indicazioni alle nostre partite, che a volte ci lasciano l’amaro in bocca nonostante il risultato. Quando usciamo convinti che ci abbiano fatto un torto, rubato qualche palla o a quando abbiamo scelto di non discutere, consapevoli di voler giocare tranquillamente. Ed anche quando abbiam perso, con mille giustificazioni che non ci permettono di guardare avanti.
Bisognerebbe partire dal rispetto. Il rispetto per l’avversario, nostro antagonista ma anche nostro compagno di gioco, senza il quale non potremmo nemmeno esser lì a giocare. Ma non è tutto; è importante avere un’idea chiara della sfida, dove chi sta dall’altra parte dà anche la misura delle nostre capacità. Ed è perfettamente normale che questa sfida sia fonte di tensione; diventa positiva se porta competizione e grinta. Spesso però diventa ansia da prestazione, frustrazione e da qui a sfociare in comportamenti aggressivi, in mala-sportività, il passo è breve! Contrapporsi con rispetto significa, in primis, saper allenare ed educare le proprie emozioni facendo passare il messaggio che giocare lealmente vuol dire poggiare la propria forza su emozioni come rabbia e paura di perdere, che vengono controllate ed indirizzate sulla giusta via. L’attività sportiva, infatti, offre una potente forma di scarica delle emozioni: permette di controllarle senza negarle né reprimerle, dando loro modo di esprimersi in una forma positiva e socialmente accettata. Dunque, se posso controllarmi, posso anche continuare a pensare! Posso concentrarmi sul gesto tecnico, ogni gesto, posso riflettere sulla tattica da adottare, posso utilizzare i miei riti se, nonostante tutto, la tensione sale e posso evitare di essere reattivo ed aggressivo verso chi mi sta di fronte!
Per vincere ci vogliono tenacia grinta caparbietà, vincere aiuta se stessi perché rafforza la propria stima; vincere fa bene anche agli altri, perché la squadra si salda, i tifosi applaudono. Vincere permette di guardare avanti con maggior ottimismo, almeno nello sport! Vincere ci porta un messaggio chiaro “Ce la possiamo fare”. Ma c’è anche la sconfitta, un momento duro, frustrante dove spesso ci si ritrova a fornire giustificazioni, per non saper perdere. Se ne sentono veramente di ogni tipo: “E’ da un mese che non gioco, ho dormito due ore, ho scalato l’Everest!” quando invece abbiamo solo usato una tattica inadeguata, da Napoleone a Waterloo. In realtà di quella sconfitta importa solo a noi, quindi non è neppure il caso di giustificarsi col mondo!
E poi la partita persa è sempre quella migliore; noi giochiamo il nostro vero tennis quando giochiamo “male” perché è lì che vediamo i nostri limiti ed è da lì che ricominciamo a pedalare! Ed è solo superando la nostra piccola frustrazione che possiamo proseguire nel percorso accidentato che accompagna le nostre competizioni, nella vita come in campo. E l’ostacolo ci permette di ritrovarci nella squadra, di trovare nuovi legami, nuove soluzioni. Un diverso allenamento, una nuova consapevolezza, sapere che la critica riguarda ciò che facciamo e non ciò che siamo e che noi, così come il nostro avversario, non dobbiamo uscire sminuiti come persone. Ed anche la partita persa ci lascia, comunque, un messaggio e siamo noi a doverlo leggere, a doverlo capire, magari nel tempo. “Questa sconfitta mi ha insegnato una lezione, ma non sono sicuro di quale sia” ( John McEnroe)